Tutto va come deve andare (o… quasi)

Riflessioni filosofiche del sabato mattina.

Una delle leggi che governano il nostro modo di essere è quella del cambiamento. A volte può essere radicale, altre progressivo (o, per usare un termine matematico che mi piace molto, incrementale), altre ancora spazza via parti vecchie di noi che non ci appartengono. Conosci te stesso: gnòthi seautòn, un apoftegma attribuito da Diogene Laerzio a Talete, il primo dei sette savi greci, nella sua Vita e dottrina dei filosofi (I,40), anche se non con certezza piena, in quanto ci avverte sempre Diogene che, secondo quanto affermato da Antistene di Atene, si potrebbe attribuire anche a Femonoe, profetessa di Apollo a Delfi, motto poi ripreso da Chilone, il settimo dei sette savi. Ricostruzione storica a parte, tale detto era un invito ad avere consapevolezza di sé, a indagare dentro di sé e a valorizzare la propria interiorità. Un’altra legge che governa il nostro modo di essere è, infatti, questa: scoprire e riscoprire noi stessi.

Tutto va come deve andare, spesso si dice. Mi rammenta un’altra massima filosofica antica, Pantha rei, tutto scorre. Platone, nel Cratilo, ricorda che secondo Eraclito tutte le cose che esistono sono in movimento e niente sta fermo. Tutto va come deve andare: significa che ciò che ci accade succede sempre per qualche ragione. Non tanto per determinismo (un ineluttabile pensare che così è il corso della vita, della nostra storia personale e del mondo, o pensare che se avesse dovuto essere diverso, allora lo sarebbe stato) quanto per il perché e per il dove tutto questo ci porta, per la spinta che ci dà. Ecco perché non è nemmeno detto che tutto debba andare per forza in un certo modo. Se noi abbiamo la capacità di reagire, o la sviluppiamo nel mentre, possiamo cambiare il corso degli eventi. Per la velocità del movimento, tutto si disperde e si ricompone di nuovo, tutto viene e va, così dice in un suo frammento, il 91, Eraclito.

Non siamo esseri statici, ma persone vive. Ogni esperienza che affrontiamo, viviamo, attraversiamo, aggiunge un tratto al percorso che stiamo compiendo. Ci arricchisce di conoscenza di noi stessi, dell’altro, del mondo. Quando ci sta per accadere qualcosa, di solito, lo avvertiamo, lo presagiamo subito. Una sensazione che nasce da dentro. Ne intuiamo il perché, il motivo, o se non lo intuiamo sappiamo che ci dev’essere, anche se la sua portata e il senso pieno li definiamo solo dopo. Solo dopo averlo vissuto e sperimentato in prima persona ci diventano chiari nella loro interezza e completezza. Nel mentre, è vero, li comprendiamo, ma solo in parte: ci è necessario un dopo, uno stacco di tempo.

Ed è quando ci avviciniamo al momento del dopo che iniziamo a rallentare. Piano piano, con dolcezza e morbidezza ci fermiamo. Nel silenzio, fuori e dentro di noi. Ed è lì, dentro di noi, che tutto si arresta, si ricompone, acquisisce una nuova robustezza. Diventa saldo. Preoccupazioni, rabbia, incertezze, dubbi, tentativi di interpretazione, spiegazione e azione andati a vuoto, il rumore esterno… tutto ciò che ci impediva di vedere e capire se ne va. Se, infatti, si attacca a noi, ce lo impedisce, se lo superiamo, allora dischiude un mondo.

Le difficoltà vanno affrontate: portano alla decisione, personale, unica e irripetibile. Portano ad andare avanti. Portano luce tersa come in un mezzogiorno di primavera. Non è né deve essere solo lotta o combattimento: questa è soltanto una fase, la preliminare. Le fasi vere del processo sono altre: sono le fasi di scoperta o riscoperta di noi stessi. Perché ciò di cui abbiamo bisogno di sapere e conoscere veramente è sempre e solo dentro di noi. Le esperienze che facciamo ci fanno incontrare con noi stessi, innanzitutto, e ci aiutano a vedere, comprendere e far brillare il tesoro che siamo. Da questa consapevolezza dipendono, poi, il nostro essere e il nostro modo di agire. Gnòthi seautòn, nosce te ipsum: come Socrate con la sua maieutica, anche la nostra ricerca ci condurrà a conoscerci e, alla fine, alla verità.

E, questo, è un atteggiamento, e una consapevolezza, che dobbiamo mantenere anche quando scriviamo.

Approfondimenti:
Rallentare, un mio post sul mio sito personale dedicato all’importanza di rallentare.

One Comment
  1. Giuseppe Sabino

    Da dire che PLATONE fu discepolo di SOCRATE, unica differenza:
    SOCRATE non credeva agli Dei.

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