LA MENDICANTE, RILKE E LA ROSA

«La mendicante, Rilke e la rosa», è un mio piccolo personale omaggio¹ dedicato al poeta Rilke², all’amore che nutriva per le rose, un fiore che lo incantava e affascinava nel suo rappresentare la perfezione e la vita, nonché alla sua profonda sensibilità, il cui occhio non lo lasciava indifferente di fronte alle vicende umane.

«Al termine delle lezioni universitarie di filosofia, Rainer aveva preso l’abitudine di andare a studiare da solo in biblioteca. Lo trovava un ambiente tranquillo, adatto per la concentrazione che il suo studio richiedeva e molto accogliente. Dopo aver terminato il suo lavoro, si tratteneva fino all’orario di chiusura, per dedicarsi alle sue composizioni poetiche, alla ricerca della giusta ispirazione e lasciandosi guidare dall’immaginazione, perché per lui scrivere poesia era saper vedere.
Per recarsi in biblioteca seguiva sempre il medesimo percorso: percorreva un paio di strade secondarie e poi svoltava su un viottolo che lo conduceva alla via centrale. Ad un angolo di quest’ultima, di fronte all’ingresso del parco, una donna sulla quarantina mendicava l’elemosina. Il poeta la vedeva lì ogni giorno, al suo posto, seduta sul marciapiede su quella che un tempo doveva essere stata una coperta oppure, più di frequente, in piedi, che tendeva la mano ai passanti, discreta e in silenzio. Non osava chiedere, se non con gli occhi stanchi ma speranzosi.

Rainer le dava uno, due o tre soldi, pochi spiccioli, che lei riceveva sempre come se fossero un piccolo prezioso tesoro, ringraziando con un cenno del capo appena abbozzato ed un breve e sincero sorriso. Il poeta si sentiva stringere il cuore ogni volta e lungo il tragitto restante si domandava se ci fosse qualcos’altro che avrebbe potuto fare in più per lei. Un giorno, mentre le allungava i consueti centesimi, si fermò. Si tolse il cappello e, con naturale semplicità, le chiese come si chiamasse. La mendicante lo guardò stupita, nessuno le rivolgeva mai la parola se non per dirle, infastidito, che quello non era posto per lei e prima o poi se ne sarebbe dovuta andare. La donna, dopo aver esitato, rispose a quel ragazzo sempre così gentile con lei: «Mi chiamo Anna, signore». «Buongiorno, Anna, lieto di conoscerla» e senza aggiungere altro si rimise il cappello in testa, riprendendo il cammino per la biblioteca. Nei giorni successivi Rainer continuò a salutarla e a darle due o tre monetine. Quando poteva le portava qualche avanzo della dispensa, panini e biscotti soprattutto. La donna rispondeva sempre sorridendo, grata di quel contatto, che attendeva con gioia, al di là di ciò che materialmente riceveva.

rosa-gialla_NG1Un tiepido e mite pomeriggio di primavera inoltrata, mentre rientrava a casa, Rainer notò che nel giardino della pensione in cui soggiornava era da poco cominciata la fioritura delle rose ed ebbe un’idea. Perché non portarne una alla povera mendicante? Il mattino seguente, tagliò la più bella sbocciata di fresco. Era gialla e dal profumo delicatamente persistente, dolce, con note finemente aromatiche e speziate. Prima di andare a lezione la regalò alla donna. Anna prese tra le mani la rosa, ammirò quello stupendo capolavoro, ne assaporò il profumo e, tenendola stretta a sé, ringraziò il poeta: «Non ricevevo un regalo e un regalo così bello da tanto tempo». Rainer con un rapido segno di saluto si allontanò in fretta, prima che la mendicante potesse accorgersi delle lacrime che abbondanti gli scendevano dagli occhi.
Quando, qualche ora più tardi, dopo la lezione, Rainer andò in biblioteca, Anna non c’era più. Era sparita. Il poeta si allarmò, temendo che l’avessero cacciata o che le fosse successo qualcosa di grave. E più passava il tempo, più temeva il peggio. Ma quattro giorni dopo la donna ricomparve, con suo grande sollievo. Era di nuovo all’angolo della strada, davanti all’entrata del parco.

«Siete tornata, mi avete fatto preoccupare. Che vi era successo?» le chiese Rainer.
«Nulla.»
«E perché siete scomparsa, dunque?»
«La vostra rosa era così bella che non potevo abbandonarla. L’ho curata finché non è sfiorita» rispose felice la donna.
«E come avete fatto a mangiare? Avevate provviste da parte?»
«Solo per un giorno. Per gli altri mi è bastata la rosa

Il poeta non aggiunse altro e si avviò verso l’Università. “Le è bastata la rosa”, continuò a pensare, sorridendo, tra sé e sé, in cuor suo. Con quel fiore aveva fatto un grande dono alla donna e la donna ne aveva fatto uno ancor più grande a lui.»


¹Il racconto è idealmente ambientato a Monaco, dove il poeta soggiornò realmente durante la sua vita per studiare Filosofia all’Università.

²Rainer Maria Rilke (Praga, 4 dicembre 1875 – Montreux, 29 dicembre 1926), poeta, scrittore e drammaturgo di origine boema, è considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca. Talento precoce, iniziò a scrivere le prime poesie a 9 anni. Il padre lo indirizzò alla carriera delle armi, tradizionale nella famiglia, che Rainer abbandonò all’età di 16, lasciando l’accademia militare prima di conseguire il diploma. Nel 1895 conseguì, a Praga, la licenza liceale, preparandosi privatamente. Nel 1896-1899 proseguì a Monaco e a Berlino gli studi di letteratura e di storia dell’arte. Viaggiò molto, prevalentemente in Europa. Morì il 29 dicembre 1926, stroncato da una leucemia acuta. Tra le sue opere più famose troviamo ‘Il libro d’Ore‘, le ‘Elegie duinesi‘, i ‘Sonetti a Orfeo‘, il romanzo ‘I quaderni di Malte Laurids Brigge‘. Scrisse anche molti racconti, lettere e opere teatrali. Tra le opere in lingua francese, ricordiamo ‘Les roses’, dedicato a un fiore che lui amava moltissimo.

0 Comments
  1. Franz

    Gran poeta di struggente bellezza… ah! la bellezza…

    • Federica

      Assolutamente sì. Nelle poesie francesi molto musicale, alla ricerca del verso e del concetto e dell’immagine espressi con esso perfetto.
      Perché la bellezza è tale se è perfezione, componendo equilibri, armonie, visioni e suggestioni.

      • Franz

        anche mortali…il tema della bellezza che ferisce è proprio strettamente suo.

  2. Federica

    Sì, la sua era una sensibilità profonda, a tratti esaperata, che gli faceva sentire tutto in modo amplificato e veniva riversata nelle sue poesie, nella felicità del verso e della parola.

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