PIRANDELLO E LA FENOMENOLOGIA DELL’OGGETTO. PENSIERI E DIVAGAZIONI DEL VENERDÌ
“Ogni oggetto in noi suol trasformarsi secondo le immagini ch’esso evoca e aggruppa, per così dire, attorno a sé. Certo un oggetto può piacere anche per sé stesso, per la diversità delle sensazioni gradevoli che ci suscita in una percezione armoniosa; ma ben più spesso il piacere che un oggetto ci procura non si trova nell’oggetto per sé medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo e quasi irraggiandolo d’immagini care. Né noi lo percepiamo più qual esso è, ma così, quasi animato dalle immagini che suscita in noi o che le nostre abitudini vi associano. Nell’oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l’accordo, l’armonia che stabiliamo tra esso e noi, l’anima che esso acquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi.”
Luigi Pirandello¹
I nostri occhi si posano su un oggetto, ci piace, lo abbiamo caro. Ci soffermiamo a guardarlo e riguardarlo. Perché? Per quale ragione? Che cosa ci vediamo in quella cosa?
Come ci suggerisce Pirandello, abbiamo caro un oggetto che entra nella nostra vita, nella nostra storia non come oggetto in sé (perché, per intenderci, ci piace esteticamente), ma per il mondo di sentimenti, emozioni, sensazioni e immagini che suscita e, aggiungerei, per le possibilità che apre. Ci piace che quell’oggetto faccia parte delle nostre giornate e della nostra realtà come un qualcosa di bello e utile, che le arricchisce o le rende più leggere.
Amiamo, dice bene Pirandello, nell’oggetto quello che di nostro ci mettiamo. Entriamo, dunque, in relazione con le cose non per quello che sono o danno in apparenza ma per ciò che vi ritroviamo, per ciò che fanno uscire dal nostro cuore e animo. Il loro valore non è quantificabile, è inestimabile.
È un modo per far uscire noi stessi e la nostra unicità.
©Federica per Storie in punta di righe
¹Da “Il fu Mattia Pascal”, capitolo IX